Mattia Bianucci - Personal Trainer Running - Alessandria,Valenza,Casale, Novi Ligure: Approfondimenti Tecnici

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venerdì 5 gennaio 2018

DONNE in allenamento

Buongiorno cari lettori e affezionati!

Oggi vi propongo la traduzione di un bell'articolo a cura del grande Coach internazionale Arthur Lydiard (1917-2004). Buona lettura! :)

Articolo originale: "Women in Training" - Coach Arthur Lydiard, 1983.
Traduzione dall'inglese: Mattia Bianucci

Coach Arthur Lydiard davanti alla statua
a lui dedicata ad Auckland, NZ
In ambito atletica leggera, c'è voluto molto tempo agli addetti ai lavori per arrivare a promuovere e addirittura permettere alle donne di presentarsi ad eventi di mezzofondo e fondo; persino oggi (periodo anni '80 NdMBT) persistono alcune resistenze nel farle correre su distanze superiori ai 1500 m, ma i Giochi Olimpici hanno finalmente visto una gara sui 3000m completamente dedicata alle donne, che tra l'altro stanno anche irrompendo prepotentemente nel territorio maratona con uno spirito di vendetta. Non c'è alcuna ragione fisiologica per cui le donne non dovrebbero correre la maratona e il fatto che possano correrla bene e in modo "aggressivo" è stato dimostrato in maniera convincente recentemente.

Tuttavia, solo nel 1973, ad Auckland, ho potuto assistere ad una gara sugli 800 m per studentesse, aperta a tutte le età dai 13 ai 19 anni. Nessun altra gara di mezzofondo era specificatamente dedicata alle ragazzine di 13 anni, per cui, se non risultavano abbastanza veloci per le distanze brevi ma volevano competere, erano obbligate a gareggiare contro avversarie molto più mature. Una tredicenne collassò dopo il primo giro in quanto il passo impostato dalle ragazze più grandi era troppo veloce per lei.

Feci notare il fatto all'insegnante a capo del corpo allenatori, la quale aveva progettato il programma di allenamento, ritenendola responsabile diretta per il collasso della ragazza a causa dell'approccio irrealistico all'allenamento così com'era stato strutturato. Fui contento di notare che negli anni successivi, le gare di mezzofondo furono incluse e differenziate per i vari gruppi d'età.

Per contro, tutte le ragazze delle scuole superiori avevano bisogno di gareggiare su distanze più lunghe, come i 3000 m. Diversamente, come si sarebbe potuto incoraggiare e motivare le ragazzine più giovani e lente ad allenarsi in uno sport che avrebbe fatto loro solo del gran bene? Ci doveva pur essere una campionessa tra quelle insoddisfatte per non essere delle velociste naturali!

Oggi, le donne in tutto il mondo stanno producendo ottime performance sia sul mezzofondo che sul fondo, in particolare dalla Russia, Germania e Bulgaria (vi ricordo, siamo negli anni '80. NdMBT) le cui atlete hanno approcciato le loro routine di allenamento come fanno gli uomini, arrivando a correre fino a 200 km settimanali. In comparazione, le donne runners di molti altri paesi non si stanno sottoponendo ad un sufficiente volume di allenamento... e neppure - aggiungo, stanno prestando la giusta attenzione al loro peso.

In Run the Lydiard Way, pubblicato nel 1978, facemmo notare come le donne stessero già correndo la maratona con tempi sotto le 2h:40'; predissi anche che presto sarebbero persino andate sotto le 2h:30'. E infatti ci vollero solo due anni alla prima tra loro per riuscire nell'impresa. Non c'è nulla di cui sorprendersi a riguardo, in quanto una volta che le donne cominciarono ad accettare il fatto di essere fisicamente in grado di gareggiare, non solo correre una maratona, il miglioramento fu molto repentino.

Coach Arthur Lydiard osserva un gruppo di allieve durante
una sessione di "Hill Bounding" in salita
Fortunatamente, oggigiorno non si discute più sullo stereotipo che le atlete diventino una sorta di "Amazzoni" correndo lunghe distanze; oltre ad essere un mito da sfatare è anche fisiologicamente scorretto. Le donne non diventano mascoline con muscoli voluminosi attraverso la corsa - perché mai dovrebbero? Agli uomini non succede. Molte tra le migliori atlete di fama mondiale sono donne estremamente femminili ed attraenti, sebbene abituate a regimi di allenamento praticamente identici a quelli degli uomini, gareggiando ai più alti livelli.

Il fisico costituisce la forma base e la struttura del corpo, composta da ossa, muscoli e grasso. La donna non potrà mai sviluppare muscoli forti come quelli maschili, per cui tutti gli allenamenti sulla resistenza e sulla forza non produrranno mai la solidità muscolare propria degli uomini e nemmeno un aumento del volume muscolare nella stessa misura. Nemmeno le fibre muscolari possono essere aumentate, ragion per cui le donne hanno ben poco da temere.

Sono gli attributi anatomici intrinsechi della "femmina" a permetterle di eccellere negli sport, piuttosto che qualsiasi tendenza alla mascolinità o alla predominanza di caratteristiche maschili. La donna eccelle in quanto dotata di un corpo tale da metterla in condizione di esibirsi/gareggiare con maggiore abilità, sebbene con minor forza pura.

In maratona, ad esempio, sta diventando un fatto appurato (anni '80 NdMBT) che la donna abbia un certo margine di vantaggio sull'uomo grazie ad una maggior proporzione di grasso muscolare rispetto al sesso opposto, il che le permette di fare affidamento a queste riserve in maniera più efficiente, evitando così di andare ad "impattare" nel tanto temuto "muro" del trentesimo chilometro, momento in cui le riserve energetiche esauriscono e si comincia a "pagare". Certamente le donne sembrano concludere le maratone in uno stato fisico più fresco degli uomini e col tempo si presenteranno in maggior numero sulla linea di partenza.

Molti misconcetti che orbitano intorno al tema mestruazioni possono influenzare la decisione di partecipare o meno ad un evento o allenarsi durante il ciclo. E' stato generalmente accettato il fatto che le donne dovrebbero evitare l'attività vigorosa prima, durante e dopo il ciclo, ma questa è una conclusione generica e non basata sui fatti. Le mestruazioni sono un fenomeno biologico che causa  un particolare fardello al sistema di produzione del sangue, quindi si è sempre pensato che uno stress supplementare sull'organismo prodotto dall'attività fisica andasse a sovraccaricare, in una certa misura, le funzioni fisiologiche, disturbando così il ciclo in modo dannoso.

Durante il ciclo alcuni cambiamenti avvengono, ma è stato appurato che essi variano da individuo a individuo, spaziando da benefici a dannosi. In altre parole, è tutta una questione individuale; un'attività che può scombussolare una donna, può non fare alcun effetto ad un'altra. Le ricerche suggeriscono che l'attività intensa, persino al punto di fatica volontaria, può essere di beneficio a molte così come creare disagi ad altre in termini di durata e volume del flusso mestruale.

Ora è accettato il fatto che la direzione dei cambiamenti sembri essere correlata alle caratteristiche mentali, fisiche e di stato di una donna, per cui le restrizioni applicate all'attività fisica durante le mestruazioni non dovrebbero costituire un principio generico applicato, bensì un principio applicato con discrezione e in stretta relazione alla casistica individuale.

Chiunque si riconosca nei requisiti generali che seguono, non dovrebbe aver bisogno di limitare l'attività durante le mestruazioni: gode di buona salute; è fisicamente in forma e in condizioni di fare attività; non fa esercizi che richiedono eccessive contrazioni addominali e pressioni o che causano shock o sballottamenti all'organismo; non fa attività che richiedono azioni esplosive tipo lancio del giavellotto/disco; evita il caldo o il freddo estremo; non è obbligata/costretta a partecipare contro la sua volontà.

Ugualmente, la moderna biologia e l'evidenza medica, ora indicano che la donna trae giovamento durante il parto e il periodo post-parto grazie all'aver praticato esercizio fisico regolare o sport agonistico nei mesi precedenti.

La donna, oltre ad una struttura fisica più leggera e una costituzione meno robusta, con inferiore massa muscolare tale da renderla di circa un terzo meno forte rispetto all'uomo, sia nella capacità di forza su singoli settori muscolari che in generale, ha anche una capacità di riserva cardiopolmonare di circa due terzi rispetto all'uomo. Non è perciò in grado di ottenere la stessa assunzione massima di ossigeno, volume di ventilazione e gittata cardiaca come l'uomo durante la performance fisica.

I suoi organi addominali dalla struttura ampia, il bacino inclinato e il pavimento pelvico contribuiscono a formare una grossa area addominale che rappresenta uno svantaggio fisico dal punto di vista sportivo, ma ciò nonostante, la donna ha tutte le qualità e le capacità fisiologiche per poter eseguire gli stessi tipi di movimento dell'uomo e svolgere le stesse attività fisiche. E' soltanto limitata nell'intensità e nella forza espressa. Al proprio livello, può eguagliare l'uomo in attività che richiedono velocità, forza, endurance e abilità.

Quando per la prima volta iniziai ad allenare giovani ragazzi, diciamo adolescenti, ero molto cauto circa il carico di allenamento che avrei riservato loro. Sapevo cosa fosse in grado di sopportare un uomo con ancora margini di miglioramento ma ero completamente allo scuro di come un giovane avrebbe potuto rispondere a certi stimoli allenanti senza compromettere la sue prestazioni. Dopo anni di sperimentazioni, giunsi alla conclusione che i ragazzi potessero correre fino a 160 km alla settimana, purché la velocità fosse oculatamente controllata e mantenuta su livelli "economici" e che riuscissero a gestire bene anche una certa quantità di jogging supplementare. La stessa cosa sta accadendo oggi nell'allenamento delle donne; ai loro livelli, possono allenarsi tanto quanto gli uomini.

Lorraine Moller
Le donne che cominciano l'allenamento dovrebbero corricchiare (jogging) quotidianamente sull'erba - i parchi o i percorsi da golf sono l'ideale per consentire ai muscoli di tonificarsi comodamente mentre i sistemi respiratorio e circolatorio vengono gradualmente condizionati. Quindici minuti al giorno sono sufficienti per iniziare, ma una volta che i primi dolorini da adattamento muscolare (doms) sono scomparsi, sarebbe buona cosa cominciare ad aumentare il minutaggio o il chilometraggio progressivamente ad ogni uscita, o in linea di massima ogni due-tre giorni. Successivamente, i minuti quotidiani dedicati alla corsa possono essere aumentati, purché l'equilibrio sia mantenuto tra uscite di corsa lunga e uscite di corsa più brevi e intense, al fine di consentire all'organismo di recuperare e migliorare.

Tutto ciò è più facile di quanto possa sembrare in quanto la reazione fisica a questo tipo di allenamento si traduce in uno spettacolare e rapido miglioramento della stamina e della condizione fisica generale. L'allenamento su fondo erboso o comunque sterrato e le gare di corsa campestre dovrebbero essere introdotti nel sistema di allenamento prima che l'atleta approcci un programma di condizionamento, allenamenti di resistenza e lavori in pista, che comportano all'organismo una maggior richiesta di risorse fisiche e il cui successo è strettamente determinato dalla capacità dell'organismo di recuperare velocemente, che solo adeguati lavori sulla stamina (capacità di esercitarsi a livelli medio -alti per lunghi periodi di tempo e ha un significato diverso rispetto a resistenza, che è un termine molto più generico) svolti in precedenza e una solida condizione fisica dell'atleta, possono garantire.

Le tabelle di allenamento per la maratona dedicate alle donne dovrebbero essere modificate rispetto a quelle per gli uomini, e un esempio generico può essere strutturato in questo modo:

LUNEDI: 1h di Corsa Lunga Svelta a passo costante
MARTEDI: 30' Fartlek
MERCOLEDI: 1,5h Corsa Lunga Svelta a passo costante
GIOVEDI: 1h Corsa Lunga Svelta a passo costante
VENERDI: 30' Fartlek
SABATO: 1,5h Corsa Lunga Svelta a passo costante
DOMENICA: 1h di Corsa Lunga Svelta a passo costante

(Ovviamente, le medie da tenere in allenamento devono essere concordate assieme all'allenatore in base alle caratteristiche individuali e al livello attuale di preparazione dell'atleta seguita, con un minuzioso lavoro ad hoc di personalizzazione del programma. 
Lydiard non ha mai inteso il classico lungo domenicale come una corsa semplicemente molto lunga e a ritmi esageratamente lenti: al contrario, queste uscite andrebbero corse ad un passo appunto svelto, (per citare Orlando Pizzolato) il che significa né troppo forte né troppo piano. Per intenderci, per un atleta che sui 10 km in gara viaggia alla media di 3':30/km, un'uscita di Corsa Lunga Svelta produttiva potrebbe essere su ritmi da 4-4':05''/km, solo per rendere l'idea NdMBT)

Il fartlek o gioco di velocità dovrebbe includere più allunghi che veri e propri sprint. In questa mezz'ora, correte per lo più ad un ritmo omogeneo e fate periodicamente degli allunghi su qualsiasi distanza fino ai 200 m, aumentando occasionalmente la velocità sui dislivelli in salita e allungando con facilità il passo sui tratti in discesa, purché non siano troppo ripidi.

Buoni allenamenti! :)

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lunedì 10 aprile 2017

Le tecniche del Nordic Running

Buona settimana a tutti!

Si continua con lo speciale di approfondimento sul Nordic Runningnell'articolo di oggi, tramite una nutrita galleria video, andrò ad illustrare tutte le sfumature di allenamento che caratterizzano la disciplina e gli "assetti di corsa" in base alla tipologia di fondo.

Correre con i bastoni si avvicina molto di più alla pratica dello Sci Nordico in tecnica classica che al Nordic Walking. Utilizzando la terminologia dello sci, possiamo proprio definire il Nordic Running come "sciare in alternato" senza gli sci. Ciò significa che ogni passo è accompagnato da una spinta del bastone eseguita col braccio opposto al piede d'appoggio.

La fase di spinta correndo coi bastoni è più corta, sia in termini di spazio e tempo rispetto allo Sci di Fondo in tecnica classica sia in rapporto alla sua fase intermedia (ovvero senza spostare le braccia considerevolmente avanti e dietro al corpo). Il bastone viene piantato approssimativamente all'altezza del tallone della gamba opposta. Il movimento della mano sull'impugnatura è fluido e sfrutta la mobilità del lacciolo integrato al guanto che si innesta alla testa del bastone; quando il bastone punta a terra la mano chiude l'impugnatura con una presa né troppo stretta né troppo morbida, poi, una volta giunta all'altezza dell'anca, la mano si apre gradualmente esercitando pressione sul lacciolo nella spinta posteriore che proietta il corpo in avanti.


Ecco la tecnica corretta mostrata in differenti circostanze di allenamento

1. IN PIANO



2. IN SALITA



3. IN DISCESA 



4. CAMBI DI DIREZIONE



5. SU SUPERFICE DURA



6. A PIEDI NUDI



7. SU FONDO NEVOSO





Se avete domande o dubbi di sorta non esitate a contattarmi! :)

A presto!

(In azione nei video Milan Kutek; tutto il materiale di www.nordicrunning.eu. Adattamento in italiano Matt J. Baner)


sabato 1 aprile 2017

Esercizio continuo ed esercizio intermittente

Articolo di approfondimento del Dottor Panascì Marco pubblicato su www.nonsolofitness.it 



Esistono molte e significative differenze tra l'esercizio intermittente e l'esercizio continuo, in termini ad esempio di VO2max e VAM. Perché l'allenamento HIIT è sempre più utilizzato negli sport di squadra e individuali


L'allenamento intermittente permette di sollecitare percentuali di massimo consumo di ossigeno (VO2max) molto più elevate, permettendo di mantenere durate di sforzo più lunghe rispetto all'esercizio continuo. Il T90% VO2max è significativamente più lungo durante un esercizio intermittente 15s-15s (effettuato al 110 o 120% della vVO2max) paragonato ad un esercizio continuo eseguito al 100% della vVO2max2.
Negli adolescenti (14 ± 0,6 anni) l'allenamento con esercizi intermittenti lunghi (3 minuti di corsa al 95% della VAM e 3 minuti di corsa al 35% della VAM), consente di sollecitare in maniera massimale il sistema aerobico rispetto all'allenamento con corsa continua al 85% della VAM.

L'accumulo di lattato a parità d'intensità è minore nell'esercizio intermittente rispetto all'esercizio continuo. Per un volume totale di lavoro uguale, l'accumulo di lattato è maggiore durante un esercizio intermittente 30"-30" effettuato a VO2max che nell'esercizio continuo al 50% del VO2max. L'esercizio continuo eseguito al VO2max può essere sostenuto soltanto per qualche minuto, a differenza dell'esercizio intermittente, corso alla stessa intensità, può esserlo fino ad un'ora. Questa differenza, nonostante l'intensità sia uguale in entrambi gli esercizi (VO2max), è dovuta al maggiore accumulo di lattato e diminuzione di glicogeno durante un esercizio continuo rispetto all'esercizio intermittente.

Il miglioramento della massima velocità aerobica (VAM), con volume di lavoro uguale, non è significativamente maggiore nell'esercizio intermittente rispetto all'esercizio continuo. La differenza artero-venosa dell'ossigeno migliora in maniera significativa, a seguito sia di allenamento con esercizio continuo sia di allenamento intermittente. Mentre il VO2max e la massima gettata cardiaca (Qmax) hanno miglioramenti notevoli solo a seguito di allenamenti intermittenti.
Quindi con gli esercizi intermittenti si ha un miglioramento della componente centrale e periferica del consumo d'ossigeno. L'esercizio intermittente 30"-30" effettuato al 100% della VO2max permette di ottenere un aumento del VO2max (dal 9 al 11%) superiore rispetto all'esercizio continuo eseguito al 70% del VVO2max (dal 5 al 7%), con una capacità ossidativa aumentata nell'esercizio continuo. La soglia ventilatoria raggiunge miglioramenti maggiori dopo l'allenamento con esercizio intermittente, ma il tempo per raggiungere una fase di plateau del VO2 si riduce notevolmente (40%) con entrambe le modalità di allenamento. L'allenamento intermittente, svolto con un volume di lavoro inferiore rispetto all'allenamento con esercizio continuo, consente di ottenere degli adattamenti della cinetica del VO2 paragonabili a quelli ottenuti con allenamento continuo. 

Un esercizio intermittente corso al 50% della prima soglia ventilatoria (Vltp1), costituito da 10 secondi di corsa al 93,4% del VVO2max e da 20 secondi di recupero passivo, crea sollecitazioni metaboliche, in termini di lattato e frequenza cardiaca, simili ad un esercizio di corsa continua effettuato ad un'intensità pari alla Vltp112. Le risposte ottenute, sia metaboliche che cardiorespiratorie, in un esercizio intermittente breve corso per una durata totale di 28 minuti ad alta intensità (HIIE) per 20 secondi al 100% del carico aerobico (Pmax= potenza aerobica massima) con fase di recupero individualizzata pari a 26.7 ± 13.4 secondi, sono simili a quelle ottenute durante un esercizio di corsa continua effettuato per 28 minuti ad un target di workload equivalente al carico medio ottenuto durante un HIIE test. Mentre le risposte metaboliche e cardiorespiratorie ottenute durante un esercizio intermittente lungo (4 serie da 4 minuti intervallate da 3 minuti di recupero attivo corso alla prima soglia ventilatoria), effettuato al picco del work load (Ppeak = al 85-95% della Fcmax), a parità di durata di lavoro (28 minuti) sono superiori rispetto a quelle ottenute nell'esercizio intermittente breve.

Valutando lo steady state oxygen uptake (VO2SS) è possibile affermare che non esistono differenze significative tra un esercizio di corsa continua, effettuato al 60 o 70% della massima velocità aerobica (VAM) ed un esercizio intermittente (15"-15" con recupero passivo) corso al 90 o 100% della VAM. Invece ci sono differenze significative tra la corsa continua effettuata al 80% della VAM ed un esercizio intermittente (15"-15" con recupero passivo) eseguito al 110% della massima velocità aerobica.
L'allenamento intermittente ad alta intensità (HIIT) (vedi anche Interval training e condizionamento metabolico) in soggetti allenati, non comporta il miglioramento della capacità ossidativa muscolare rispetto ad un esercizio continuo, mentre migliora l'attività della lattato deidrogenasi, in particolare nelle fibre muscolari di tipo IIa in confronto all'esercizio continuo. L'high-intensity interval training (HIIT), è una delle forme d'allenamento che permette di migliorare la performance dell'atleta, con in più il miglioramento delle funzionalità cardiorespiratorie e metaboliche.
Al giorno d'oggi, in molti sport individuali (es: tennis, badminton) e sport di squadra (es: calcio, basket, handball) è sempre più frequente l'utilizzo della pratica di programmi d'allenamento della HIIT. Gli stimoli cardiovascolari e periferici massimali sono ottenuti allenandosi per diversi minuti ad un'intensità pari al 90% del massimo consumo di ossigeno denominata "red zone".
L'allenamento intermittente provoca un miglioramento, sia nelle fibre lente (tipo 1) sia nelle fibre veloci (tipo 2), dell'attività della succinico deidrogenasi (SDH) che è un enzima di tipo ossidativo. In più viene notevolmente aumentata l'attività della GPDH (Glycerol-3-phosphate dehydrogenase) a seguito di un allenamento di natura intermittente rispetto all'allenamento continuo. Dunque è evidente che l'attività enzimatica aerobica ed anaerobica nelle fibre muscolari (lente e veloci) migliori in manieria significativa con l'allenamento intermittente17. Effettuare allenamenti intermittenti ad alta intensità (pari al 100% della VAM) provoca un aumento dell'RNA messaggero della PGC-1α (Peroxisome proliferator-activated receptor gamma coactivator 1-alpha) nella fase di recupero.

La risposta ormonale agli esercizi intermittenti corsi ad una intensità pari al 100% della velocità associata al VO2max da parte di atleti mezzofondisti, in termini di concentrazione di testoserone e cortisolo, è significativamente superiore a quella dei maratoneti. Inoltre la risposta del testosterone all'esercizio intermittente è correlata al raggiungimento della massima concentrazione di lattato ematico al termine della corsa intermittente.


Confronto tra esercizio intermittente su pista vs treadmill

È stato riscontrato che il costo energetico durante un esercizio intermittente 30s-30s effettuato al 100% della VAM con recupero al 50% della VAM su treadmill, nonostante la pendenza del treadmill sia stata portata ad 1% per compensare la mancanza di resistenza dell’aria19 non è uguale rispetto allo stesso esercizio eseguito su pista20. Infatti nonostante il tempo di esecuzione sia uguale in entrambe le modalità, il tempo passato al 95% del massimo consumo di ossigeno e il lattato prodotto sono maggiori nell’esercizio intermittente su pista. Questo è dovuto a due fattori:

1) Il pattern di corsa sul treadmil viene modificato ed il costo energetico ad una determinata velocità viene ridotto.
2) Il soggetto per poter correre ad una certa velocità su pista deve fornire un’accelerazione, invece sul treadmill non ha bisogno d’accelerare perché la velocità gli viene imposta dal treadmill stesso.

Questa differenza energetica può essere maggiore nel caso vengano alternati periodi brevi di sforzo con fasi brevi di recupero, infatti aumentare il numero di accelerazioni e decelerazioni comporta un aumento significativo del costo energetico. Bisciotti, utilizzando la formula del calcolo del costo energetico totale durante una corsa composta da:

* Una fase d’accelerazione
* Dal mantenimento della velocità
* Da una fase di decelerazione

ha calcolato per le differenti modalità, il costo energetico totale di una corsa sui 1000 metri

Ctot = (0,9 Kcal kg-1 km-1) + (1/2 MV2/0,25) + (1/2 MV2/1,2)

0,9 Kcal kg-1 km-1 è il costo energetico medio a velocità costante; 1/2 MV2/0,25 è il costo dell’accelerazione; 1/2 MV2/1,2 rappresenta il costo della decelerazione



(Per molte altre informazioni su Fitness e allenamento vi invito a visitare www.nonsolofitness.it)